L’offerta

L’affresco intitolato L’offerta si trovava al primo piano del palazzo nella sede dei Fasci Femminili e rappresentava tre donne: un’anziana fra una giovane sposa e una madre con la sua bambina in braccio colte nell’attimo di porgere il loro oro alla patria.
Nonostante l’affresco non sia più visibile, il rispettivo cartone e lo spolvero, qui esposti, ritrovati nello studio del pittore Giuseppe Montanari, ci permettono di ricostruire l’impianto e la forza espressiva della scena rappresentata.
Il giornalista e critico degli anni Trenta Mario Manuli è una fonte preziosa per conoscere l’opera. In un suo articolo pubblicato sulla «Cronaca Prealpina» del 18 febbraio 1937, pur non riportando alcuna immagine, con un’accurata descrizione rende in maniera vivida la composizione: Il quarto affresco che si poteva ammirare nella sede della Federazione dei Fasci femminili è dedicato alla donna italiana, esaltata nel gesto sublime di donare l’oro alla Patria per combattere le illusioni degli stranieri febbricitanti d’egoismo e d’invidia. Contro il rosso pompeiano del fondo campeggiano tre figure: al centro è la vecchia che offre la medaglia d’oro del suo figliuolo asceso nel cielo degli eroi e ai lati sono la giovane sposa
e la giovane madre con la bambina in braccio che offrono gli anelli
nuziali. Nella semplicità dei gesti e nei volti soffusi da una lieve
tristezza si esprime un’appassionata dedizione e la certezza nella vittoria.
La scelta del tema fatta da Montanari è un chiaro rimando all’Oro alla Patria, una mobilitazione organizzata dal Regime in risposta alle sanzioni imposte all’Italia dalla Società delle Nazioni per aver invaso l’Etiopia. In una sorta di sacrificio collettivo venne fatto un appello agli italiani affinché donassero alla patria i loro preziosi in oro e in argento e la loro fede nuziale ricevendone in cambio una di ferro con all’interno la scritta Oro alla Patria, in un rituale solenne che celebrava la totale dedizione alla nazione. La cerimonia ufficiale ebbe il suo culmine a Roma, presso l’Altare della Patria il 18 dicembre 1935, durante la Giornata della fede, in cui per prima la regina Elena consegnò la sua fede e quella del marito, emulata da
numerose altre donne romane.
Nell’ottobre del 1936, l’affresco portatile, come un quadro, venne presentato con il titolo 18 dicembre XIV EF alla Terza Mostra dell’Arte del Sindacato Fascista di Belle Arti tenutasi presso la palestra dell’Opera Balilla di Varese, attualmente palestra utilizzata dal Liceo Classico Cairoli, e del quale il giornalista e scrittore Giannetto Bongiovanni parla in questi termini:
Opera dignitosa, ieratica, che dimostra come egli intenda debba l’arte assurgere ad espressione di fede religiosa, patriottica e civile. Egli alterna le tele agli affreschi, i quali esigono perfetta maestria nel disegno, rapidità di esecuzione e scaltrezza di procedimenti: intendo il vero affresco come egli lo attua. La data fatidica del «18 dicembre» offre a lui motivo per una celebrazione solenne quasi religiosa: le tre figure di donna, pur assurgendo a simbolo, sono nello stesso tempo vive reali, rappresentate con salda potenza espressiva e singolare virtù creatrice.
Il giornalista e critico d’arte Alfio Coccia, amico del pittore marchigiano, dà precisa lettura iconografica dell’opera e la descrive con un linguaggio solenne e celebrativo:
Tre donne: una giovane sposa e un’altra con la figliola in braccio fanno ala, togliendosi la fede, ad una vecchia che porta alla patria la medaglia d’oro del figlio. Il colore è bellissimo. La vita fisica è tutta concentrata nelle mani e i gesti digradano in una sorta di scala musicale che sottolinea l’espressione dei volti mirabile. La fronte della figura di destra ricorda per purezza la migliore tradizione classica svelando una coscienza della forma e una così personale larghezza di fattura da rendere quella ricchezza plastica per cui finalmente possiamo dire di trovarci di fronte ad un vero affresco
e moderno. L’età diversa delle tre figure è espressa dalle labbra e dagli occhi: la vecchia ha le occhiaie fonde, la bocca sottile, vizza, rinsecchita e pare inghiotta lagrime invisibili. La disposizione architettonica dell’insieme è perfetta e spontanea, il gesto della donna più giovane è evanescente, quello della madre porta il peso della figliola che tiene in braccio. E dall’innocenza educata alla religione esemplare il gesto s’origina per salire su di un rabesco fino alle mani lievi della sposa che ancora non ha
figliolanza e l’attende. La tinta del fondo d’un rosso pompeiano pare impastata col sangue antico di un martirio che si rinnova. La vecchia madre porta la medaglia del caduto, senza toccarla, tenendola pel nastro, pronta a
raccoglierla nel cavo dell’altra mano se per caso dovesse scivolare giù.
Montanari riprodusse lo stesso tema su un quadro che intitolò 18
dicembre XIV. L’offerta e che presentò alla XX Esposizione d’Arte di Venezia. Marginali sono le differenze che si possono cogliere tra i due
manufatti artistici: il gesto simbolico e ieratico rimane invariato mentre le acconciature e i vestiti delle tre figure femminili sono stati modificati. Pure l’immagine della bambina muta nel vestito e nella posizione del piede destro. Inoltre nel dipinto campeggia la scritta DOMVS ET PATRIA
VNVS AMOR, così come nel cartone esposto, secondo i dettami
dell’ideologia fascista.